La sentenza sull'autonomia differenziata (sent. n. 192 del 2024: deposito del 3 ottobre)
La sent. n. 192 del 2024 della Corte costituzionale risolve le diverse questioni sollevate nei confronti dell'intera l. n. 86 del 2024, che ha inteso dare attuazione all'art. 116, comma 3, Cost. in ordine alla cd. autonomia differenziata, e di molteplici sue disposizioni (artt. 1, commi 1 e 2; 2, commi da 1 a 8; 3, commi da 1 a 5, 7, 8 e 9; 4, commi 1 e 2; 5, commi 1 e 2; 7, commi da 1 a 5; 8, commi 1 e 2; 9, commi da 1 a 4; 10, comma 2; e 11, commi 1, 2 e 3; in via subordinata, degli artt. 1, commi 1 e 2; 2, commi 1, 2, 4, 5, 6 e 8; 3, commi 1, 2 e 7; 4), nonché nei confronti, in ulteriore subordine, dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione, come novellato dall’art. 2 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
Si tratta di una decisione assai densa con esiti di diverso tipo. IL dispositivo si articola infatti in 52 punti, 14 dei quali in termini di illegittimità costituzionale, anche in via conseguenziale; 13 in termini di inammissibilità e 25 in quelli di infondatezza.
In via preliminare, la Corte chiarisce che il regionalismo è una "componente fondamentale” della nostra forma di Stato
Il sistema regionale italiano comporta una certa competizione tra le regioni, che può stimolare politiche diversificate per ottenere risultati migliori. Nello specifico, la ripartizione delle funzioni tra Stato e regioni deve rispondere a criteri di efficacia, efficienza, equità e responsabilità, nella prospettiva di migliorare, in conformità ai principi costituzionali, l'allocazione delle risorse pubbliche.
Tuttavia, l’attuazione dell’art. 116, c. 3 Cost., deve tendere a realizzare un punto di equilibrio tra eguaglianza e differenze. In particolare, essa non può e non deve compromettere l'unità giuridica ed economica dello Stato, la solidarietà tra le regioni e l'uguaglianza dei cittadini, elementi essenziali per la coesione sociale e l'unità nazionale. Il regionalismo italiano si fonda infatti su una logica cooperativa, enfatizzando la leale collaborazione tra Stato e regioni per attuare i principi costituzionali e tutelare i diritti individuali.
Il principio di sussidiarietà garantisce l’equilibrio tra unità e autonomia regionale, con la collocazione delle funzioni ai livelli di miglior adeguatezza in relazione alle specificità delle varie situazioni. Esso non si applica a intere materie, ma a specifiche funzioni, che possono essere allocate a livello locale o centrale a seconda delle circostanze. L'art. 116, c. 3 Cost., prevede che la devoluzione delle competenze riguardi funzioni, non materie, e può riguardare sia funzioni legislative che amministrative.
L’art. 116, c. 3 Cost., richiede che il trasferimento riguardi specifiche funzioni, di natura legislativa e/o amministrativa, definite in relazione all’oggetto e/o alle finalità, e sia basato su una ragionevole giustificazione, espressione di un’idonea istruttoria, alla stregua del detto principio di sussidiarietà.
Su questa base, la Corte rileva che vi sono delle materie, cui pure si riferisce l’art. 116, c. 3 Cost., alle quali afferiscono funzioni il cui trasferimento è, "in linea di massima", difficilmente giustificabile secondo il principio di sussidiarietà: v. commercio con l’estero, tutela dell’ambiente, la materia "produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, nonché quelle dei "porti e aeroporti”, "professioni”, "ordinamento della comunicazione”, le "norme generali sull’istruzione”.
Ciò premesso, le numerose questioni di legittimità costituzionale sollevate dai ricorsi, che in parte si sovrappongono, sono dal giudice costituzionale raggruppate nelle seguenti aree tematiche:
I) questioni generali sull’interpretazione dell’art. 116, terzo comma, Cost. (punti 7 e 8 del Considerato in diritto);
II) questioni in materia di fonti del diritto (punti da 9 a 13 del Considerato in diritto);
III) questioni relative ai livelli essenziali delle prestazioni (LEP) (punti da 14 a 16 del Considerato in diritto);
IV) questioni in tema di leale collaborazione (punti da 17 a 21 del Considerato in diritto);
V) questioni in materia finanziaria (punti da 22 a 29 del Considerato in diritto);
VI) altre questioni (punti 30 e 31 del Considerato in diritto).
Procedendo per punti.
a1) Legittimità della legge quadro sull’autonomia differenziata
La Regione Puglia contesta l’intera legge, sostenendo che l’art. 116 sia autosufficiente e non necessiti di norme attuative.
Il ricorso è rigettato. Sebbene l’art. 116 non richieda obbligatoriamente una legge quadro, nulla vieta al legislatore di adottarla, allo scopo di guidare gli organi competenti a svolgere il negoziato e di garantire «un più ordinato e coordinato processo di attuazione».
a2) Trasferimento di funzioni e materie
Diverse Regioni (Puglia, Toscana, Sardegna, Campania) hanno lamentato la genericità delle disposizioni che consentono trasferimenti di intere materie senza motivazioni adeguate.
Il ricorso è accolto. La genericità di tali norme viola l’art. 116, terzo comma, che richiede che il trasferimento riguardi specifiche funzioni, di natura legislativa e/o amministrativa, e sia basato su una ragionevole giustificazione, espressione di un’idonea istruttoria, alla stregua del principio di sussidiarietà.
b1) Deleghe al Governo sui LEP
Un ulteriore gruppo di questioni concerne la delega al Governo per la determinazione dei LEP, ritenuta una "delega in bianco”.
Tale questione viene giudicata fondata. La delega è giudicata eccessivamente generica e inodonea a guidare il potere legislativo delegato, in violazione dell’art. 76 Cost., che impone criteri dettagliati per l’esercizio delle deleghe legislative. La determinazione dei LEP, implicante, peraltro, "una delicata scelta politica” richiede norme chiare per garantire un equilibrio tra uguaglianza e autonomia.
b2) Inoltre, tenendo a parametro l'art. 3 della Costituzione la Corte ritiene "intrinsecamente contraddittorio e dissonante” rispetto al sistema costituzionale delle fonti, il conferimento con delega legislativa per la determinazione dei LEP, stante la previsione della possibilità che i futuri decreti legislativi vengano successivamente modificati con un atto sub-legislativo, cioè con un d.P.C.m.
Un tale meccanismo, diversamente da quello di delegificazione, configura il d.P.C.m. come una fonte primaria, essendo esso abilitato a modificare un decreto legislativo per forza propria.
Inoltre, la norma impugnata contrasta con il principio secondo cui una fonte primaria non può creare una fonte concorrente ed ancora con l'art. 76 Cost., poiché attribuendo al Presidente del Consiglio il potere di aggiornare i LEP fissati con decreto legislativo, in sostanza conferisce un’altra delega ad un organo diverso dall’unico cui la delega legislativa può essere data in base all’art. 76 Cost. (il Governo nella sua interezza).
c) Disposizioni sui LEP
La legge impugnata stabilisce che il trasferimento di competenze alle Regioni è subordinato alla previa determinazione dei LEP. Per le materie "no-LEP”, i trasferimenti non possono incidere su diritti civili e sociali senza LEP e costi standard. Secondo la Corte la disciplina rispetta il principio di uguaglianza e solidarietà, garantendo standard uniformi di prestazioni su tutto il territorio nazionale.
d) Monitoraggio e leale collaborazione
Con riguardo al lamentato mancato coinvolgimento della Conferenza unificata i ricorsi risultano in parte assorbiti o non fondati. Il principio bilaterale di leale collaborazione risulta rispettato poiché il legislatore ha comunque previsto una qualche partecipazione delle altre autonomie territoriali: la Conferenza Stato-regioni è informata fin dal principio della iniziativa di differenziazione e la Conferenza unificata è chiamata ad esprimere un parere sullo schema di intesa preliminare
e) Profili finanziari e clausola di invarianza finanziaria
Viene dichiarata incostituzionale la norma che consente l’adeguamento delle aliquote di compartecipazione sulla base della spesa storica. Il ricorso al criterio della spesa storica viene infatti giudicato contrastante con i principi di efficienza e responsabilità finanziaria, incentivando potenzialmente gestioni inefficaci.
La Corte ribadisce l’importanza di garantire l’uguaglianza e l’efficienza finanziaria, sollecitando una compiuta attuazione del federalismo fiscale.
In sintesi estrema:
la legge n. 86/2024 è dichiarata parzialmente incostituzionale:
∙ per la genericità delle norme sui trasferimenti di funzioni;
∙ per la delega al Governo sui LEP priva di criteri sufficienti;
∙ per la previsione dell'impiego di d.P.C.m. per la determinazione dei LEP;
∙ per l’adeguamento delle compartecipazioni basato sulla spesa storica.
La decisione rappresenta un punto di equilibrio tra l’esigenza di autonomia regionale e la salvaguardia dell’unità e uguaglianza del sistema costituzionale sulla base del principio solidarista.